Maestri Artigiani in Cervinara. La storia del libro.
Ho l’onore di intervistare il Prof. Carlo Aniello Ricci, presidente della Palestra ASD “Natural” in merito al libro “Maestri Artigiani in Cervinara”, da lui curato insieme al Geom. Enzo Cillo.
Carissimo Prof. Carlo Aniello Ricci come nasce “Maestri Artigiani in Cervinara”?
“Maestri Artigiani in Cervinara” nasce da un’idea del prof. Vito Casale, che ne è stato anche il valido promotore. Abbiamo cominciato ad attivarci nel 2012, allestendo una bellissima “Mostra Fotografica” sull’artigianato locale di un tempo, nell’ex sala consiliare del Comune di Cervinara, sotto la valida guida della preside Maddalena Mercaldo.
Successivamente, grazie soprattutto all’impegno del prof. Vito Casale e del Geom. Enzo Cillo, si è provveduti alla raccolta delle testimonianze sui mestieri artigianali presso quelle persone che avessero avuto, in famiglia, un artigiano. Da qui è nato il libro. Ritengo doveroso sottolineare il merito della preside dott.ssa Maddalena Mercaldo che ha costantemente offerto, grazie alla Sua notevole cultura ed esperienza, la Sua preziosissima guida e collaborazione in modo disinteressato. Sottolineo, inoltre, il notevole impegno dell’amico Enzo Cillo che si è prodigato tantissimo e con altrettanta passione per questo libro, senza dimenticare, tuttavia, il preziosissimo aiuto del prof. Mons. Pasquale Maria Mainolfi, che oltretutto ha regalato una stupenda prefazione che fa da splendida cornice al libro, bellissimo anche nella sua veste tipografica.
Il volume presenta la citazione di San Francesco D’Assisi: “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”. A tal proposito mi chiedo, per lei, i Maestri Artigiani erano anche artisti? E viceversa, è sempre valido il concetto? Adesso invece viviamo in un mondo di soli lavoratori e artisti?
Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto interpretare il significato della citazione di San Francesco. “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore…” Significa che chi lavora unicamente con le mani, è semplicemente un “lavoratore”, un “esecutore”. Chi, invece, “lavora con le sue mani e la sua testa”, è un “Artigiano”, cioè capace di produrre un manufatto utile a seconda dello scopo cui è destinato. Chi, infine, lavora oltre che “con le sue mani e la sua testa anche con il cuore”, è un “Artista”, perché non solo è in grado di produrre un manufatto, ma sa anche “creare”, sa trasformare, sa adattare e lo fa con passione, con il cuore, dando al suo lavoro un’impronta personale! I Maestri Artigiani di cui si narra nel libro, erano tutti degli Artisti e molti di essi ho avuto il piacere di averli conosciuti personalmente! Oggi, invece, direi che il concetto di “artista” sia notevolmente cambiato, perché la tecnologia odierna offre all’uomo tante facilitazioni ed è difficile stabilire chi abbia realmente tali doti. Non vorrei sbagliare, ma oserei dire che molti siano artisti soprattutto nell’uso delle “macchine” (…).
Nel frenetico e tecnologico percorso di oggi, dove non vi è più spazio per apprezzare la fatica umana, quanto secondo lei, la conoscenza è potere? Quanto è fondamentale riscoprire il passato per migliorare il futuro?
“Sapere è potere”… mi fa ritornare alla mente una vecchia reminiscenza scolastica, un pensiero del grande filosofo Francesco Bacone… Tutti i più grandi filosofi e intellettuali hanno provato a teorizzare le cause di una società equa. Queste grandi personalità, come Socrate, Goethe, Einstein ecc, vissute in luoghi e periodi storici diversi, sono tutte arrivate alla conclusione che nessuna civiltà può esistere se non sulla base del sapere, della conoscenza e della sapienza. E’ appunto da questa base, dalla “conoscenza” che bisogna partire! Perciò, dovendo dare una risposta a “quanto, secondo lei, la conoscenza è potere?”, risponderei semplicemente con una sola parola: “Tanto!”. Posso affermare, inoltre, in base alla mia modesta esperienza che, per migliorare il futuro è fondamentale, “tantissimo”, conoscere e riscoprire anche il passato e, meglio ancora, studiarlo, per poterlo capire e interpretare nel modo giusto. Il futuro si può migliorare, dunque, continuando il cammino sulla scia del passato, ben sapendo che il nuovo si modella sugli antichi saperi!
Cinquantadue testimonianze di persone che svolgevano mestieri oggi perduti o sostituiti dalle fredde mani meccaniche “della grande distribuzione”, questo è“Maestri Artigiani in Cervinara”. Un grande progetto . Vuole parlarcene?
Direi anch’io “un grande progetto”. La lettura di questo libro è utile, anche, per far comprendere come il “saper fare” debba ritornare ad essere una capacità non trascurabile in ognuno. Non sarebbe una cattiva idea se qualche Istituzione pubblica o un ente privato, essendoci la possibilità, ricreasse gli “antichi laboratori” artigianali, l’arte degli antichi mestieri, che sono vari ed interessano sicuramente più settori. Ne deriverebbe, in un periodo di crisi occupazionale, un’occasione di lavoro per i giovani disoccupati; non solo, ma potrebbe essere anche una possibilità per la conservazione e la tutela delle attività artigianali, oltre che mantenere e riscoprire la tradizione del proprio territorio.
“Non si può dimenticare il passato per avere un futuro e di conseguenza non si può fare a meno degli anziani, memoria storica del nostro paese, a cui si deve grande ammirazione per il lavoro svolto in passato”, giustissimo concetto da lei espresso. Mi chiedo, nell’atto pratico, come mai nel quotidiano molti giovani, purtroppo, sono “ignari” del concetto di educazione e di rispetto? Come si spiega questo dilagante fenomeno?
Mi piace sottolineare il merito degli anziani ed il pregevole ruolo che essi hanno avuto in passato! Concetto, peraltro, ribadito più volte anche da Papa Francesco in una Sua recente omelia. E’ grazie a questi artigiani del passato ed alla loro abilità se oggi possiamo condurre una vita migliore e se esistono tanti bravi professionisti! Io appartengo, ormai, ad una generazione di giovani di tanti anni fa, quando gli anziani godevano di un’alta considerazione e di un notevole rispetto. Oggi è tutto cambiato: molti giovani (per fortuna non tutti) peccano di presunzione e di spavalderia, ritenendo di sapere già tutto. Questo è davvero avvilente! Sono convinto che ciò dipenda dal fatto che essi, abituati alle comodità della vita odierna, alla tecnologia tascabile, al volante di una bella auto, abituati, inoltre, a poter soddisfare, periodicamente, tutte le loro esigenze ed ignorando il lavoro “immane” ed i sacrifici di una volta, credono di avere “il mondo nelle loro mani” e che tutto, quindi, gli sia dovuto e concesso, anche la mancanza di educazione e di rispetto! Sarebbe necessario, a mio avviso, una maggiore umiltà da parte loro; mentre, da parte di tutti, sarebbe opportuno porre un freno a questa “corsa sfrenata” verso chissà quali mete… Un piccolo ritorno alle origini non farebbe certo male a nessuno! Il filosofo Giambattista Vico sosteneva che la storia è caratterizzata da un andamento progressivo, ma non nel senso che tutto quello che viene dopo sia necessariamente migliore di quello di prima. Ogni civiltà ha un suo corso fondamentalmente progressivo, il quale, giunto al suo apice, si arresta ed entra in crisi. “Meditate… cari giovani!”.
Un ritorno all’origine, dunque, è di sicuro, a mio avviso, la chiave vincente per il “guardarsi dentro” e riscoprire gli antichi valori ormai perduti. Sicuramente questi concetti si evincono anche dagli antichi mestieri. A tal proposito vorrei delucidazioni in merito ai ruoli delle donne; donne che riuscivano a trasportare quasi un quintale di ghiaccio sulla testa, le stesse che non perdevano la loro femminilità neanche in quei frangenti, le stesse che crescevano in modo sano e genuino i figli.
Sì, bisogna riscoprire e riappropriarsi dei valori di una volta; la conoscenza degli “Antichi Mestieri” rappresenta, credo, uno dei modi migliori per questo!
Parlerò del “ruolo” delle donne, soprattutto nel periodo della mia fanciullezza ed in ambito al mio paese, Cervinara.
Ricordo le parole che mi ripeteva spesso mia madre quando ero giovanetto: “Tu sei nato nel ventre della vacca”, voleva significare che ero nato in un periodo migliore, che era quello post-bellico. In realtà, anche questo periodo era triste e molti vivevano nella miseria; Mio padre, come tanti altri a quei tempi, per aiutare la propria famiglia a “sopravvivere”, fu costretto ad emigrare, nel 1953, quando io avevo appena sei anni, per il lontano Venezuela…
Da ragazzino osservavo tutto ciò che vedevo, e lo spettacolo che si presentava ai miei occhi, come in un film, non era come quello di oggi (…).
Abitando ai piedi della montagna, osservavo, giornalmente, diverse donne passare davanti casa mia, curve sotto grosse fascine di legna, sistemate sulle spalle e la schiena o caricate sulla testa con interposto il cosiddetto “truocchio” (un panno arrotolato che ammortizzava il peso) ed i cosiddetti “zampitti” ai piedi, strane scarpe ricavate dalla stoffa di juta che loro medesime provvedevano a cucire, adattandole ai loro piedi, affinché camminassero agevolmente attraverso i viottoli ed i sentieri scoscesi della montagna. Era la provvista di legna che, poco alla volta, quelle donne facevano per l’inverno, per scaldarsi davanti al fuoco del camino, assieme alle loro famiglie. In montagna, la mattina di buon’ora, si recavano, a seconda dei periodi, anche per la raccolta dei prodotti commestibili, come i funghi, le castagne, le more, le fragole ed altro. Inoltre, vedevo lavorare molte donne, per giornate intere, alle dipendenze di commercianti di frutta o di aziende varie. Ciò che mi colpiva era il fatto che esse lavoravano cantando, sempre felici e gioiose. Le vedevo, spesso, riunirsi nei cortili, nei porticati, anche a tarda sera, per svolgere diversi lavori che si protraevano per lunghe ore, come quello di sfogliare le pannocchie di granoturco e sgranarle, con abili movimenti delle mani, per togliere i chicchi, mentre intonavano i motivi delle belle canzoni di quei tempi o raccontavano fatti accaduti. Il più delle volte lo facevano solo per offrire un aiuto in segno di amicizia, che poi, puntualmente, veniva ricambiato. Ricordo quando le vedevo, con i grossi cesti colmi di biancheria sporca sulla testa, recarsi presso la riva del fiume più vicino, per lavarla, usando la cenere del camino in sostituzione del sapone. Mia madre mi raccontava di averlo fatto tantissime volte anche lei. Alcune facevano le “lavandaie” per mestiere; altre, invece, riuscivano a svolgere lavori più duri e pesanti, come il trasporto, dalla montagna a valle, dei blocchi di ghiaccio e dei sacchi di castagne del peso di quasi un quintale sulla testa, impensabile al giorno d’oggi! Ciò che mi lascia, tuttora, ancora stupìto, è il vivo ricordo che ho di una donna, “Maria a ‘gliarala”, una simpatica donna, molto buona, di nome Maria, “venditrice di olio di oliva”. La vedevo girare per tutto il paese con un grosso cesto sulla testa, colmo di recipienti d’olio del peso complessivo di oltre mezzo quintale che, quando si svuotava, provvedeva a riempirlo di nuovo per completare il “giro”, abbastanza ampio, del paese. Provvedeva il cliente medesimo ad aiutarla a deporre a terra il cesto ed a rimetterlo, poi, sulla testa. Ciò richiedeva, da parte di questa donna, una buona forza nella muscolatura del collo e delle gambe oltre ad un notevole equilibrio e ad una volontà ferrea. Queste donne, dedite a tanta durezza, farebbero invidia, oggi, ai più forti atleti di alcuni sport estremi i quali, sono convinto, non sarebbero in grado d’imitarle neppure per un istante.
Il loro tempo veniva impiegato, “da mane a sera”, esclusivamente per contribuire al sostentamento della propria famiglia, svolgendo bene anche il ruolo di madri oltre che di mogli ed educando i propri figli all’onestà ed al rispetto del prossimo, facendoli crescere in maniera sana, semplice e senza alcuna pretesa. Erano donne dotate di una straordinaria femminilità, ed i lavori duri non intaccavano minimamente la loro bellezza; ma non potevano, né sapevano curare, come le donne d’oggi, il proprio aspetto fisico, per cui la loro bellezza esteriore svaniva molto presto, pur conservando, a lungo, tanta energia e vitalità.
Lei inizia la sua presentazione citando Indro Montanelli: “ Non si può dimenticare il passato se si vuole avere un futuro”, prosegue poi ringraziando il Signor Roberto Mercaldo, vorrebbe parlarne? (Questa domanda fu posta dopo la presentazione del libro, ho voluto conservarla in onore della Memoria del Prof. Roberto Mercaldo venuto a mancare ed al quale è stato dedicato il Primo “Memorial di Pesistica Prof. Roberto Mercaldo”, presso l’ASD Natural il 24 gennaio).
E’ una bella citazione quella di Indro Montanelli, che i giovani d’oggi dovrebbero prendere bene in considerazione per il significato altamente educativo! Mi fa piacere parlare di Roberto Mercaldo, figlio e nipote di abili maestri artigiani di un tempo, oltre che artisti. Egli è un mio grandissimo Amico sin dagli anni della giovinezza. Un Amico davvero speciale, sempre allegro e di buon umore, dall’animo buono e generoso, amante del sapere, della cultura, del dialogo e del confronto; sempre disponibile a prodigarsi e ad offrire il suo forte braccio per gli amici. Ho iniziato il mio discorso, nella presentazione del libro, ringraziandolo per l’amicizia sincera che mi ha regalato in tanti anni e perché la sua vita dignitosa, semplice, umile, di grande valore etico, mi ha insegnato tanto, ritenendola degna di esempio! E’ stato davvero una fortuna averlo avuto come amico. Di Lui ho bellissimi ricordi, che conservo gelosamente nel cuore perché mi hanno arricchito la vita! Attraverso questi righi, ora, formulo gli Auguri, di cuore, perché possa affrontare, con la dignità e la forza d’animo che gli sono propri, il gravoso problema che lo affligge!
Entriamo nei dettagli delle testimonianze, le chiedo in merito alla figura del SARTO. Diversa da quella che è oggi e che sta scomparendo.
Il Sarto è stato il mestiere esercitato in proprio da mio padre, sin dagli inizi degli anni Trenta. L’ho sempre visto lavorare da vicino, poiché aveva la bottega sistemata in casa; perciò conosco tutte le fasi lavorative di questo mestiere che ho descritto, quasi minuziosamente, nella testimonianza riportata nel libro “Maestri Artigiani in Cervinara”. E’ un mestiere che, come tanti altri, è quasi scomparso perché sostituito dalla moderna tecnologia. Soffermarmi, adesso, a parlare di questa figura non lo riterrei idoneo, considerato che vi sono altrettante “figure” degne di menzione, che possono essere conosciute leggendo il citato libro. Grazie, comunque, per la domanda!
Altra testimonianza è quella della RICAMATRICE, che ormai è lasciata al suo ruolo di nicchia perché sostituita dal braccio meccanico o dallo sfruttamento minorile dall’Estero. Ce ne parli.
La “Ricamatrice” mi fa ricordare mia madre, anche se non l’ho mai vista svolgere questo lavoro, perché lo faceva prima che si sposasse e solo per diletto e per arricchire il proprio corredo. Ricordo tanti bellissimi lavori di ricamo eseguiti da mia madre, che rivelavano in lei un’abile “ricamatrice” nella sua età giovanile. Si trattava di bellissime decorazioni e intrecci vari, che rappresentavano motivi floreali, figure di uccelli, colombe, angioletti e tanto altro: lavori davvero impegnativi, effettuati con il classico telaio, l’ago e l’apposito filo. Dalle sue abili mani uscivano, finemente lavorati, lenzuola, copriletti, tovaglie ecc. E’ quanto lei mi raccontava spesso, ma anche quanto ho potuto ammirare osservando i suoi preziosissimi e bellissimi lavori, tutti recanti la sua firma, a mo’ di ricamo, con il classico, bellissimo corsivo.
A quei tempi era molto importante, per una donna, crearsi un buon corredo, e perciò chi era in grado di ricamare, si dava da fare per questo. Ricordo che mia madre, nella sua vita matrimoniale, non usò mai il suo corredo da sposa, ma lo conservò intatto per sua figlia, mia sorella Elisabetta, primogenita, sposatasi nel 1958, attualmente residente a Toronto, in Canada e che non vedo, ahimè, da quarant’anni!
In verità non ricordo, personalmente, chi abbia svolto, per mestiere, il lavoro di “ricamatrice” in ambito al mio paese. Sicuramente, è andato man mano scomparendo, sia per il diminuito interesse sia per l’alto costo dei diversi tipi di questo lavoro e perché sostituito dai moderni mezzi meccanici e dallo sfruttamento minorile.
Quello dello sfruttamento minorile è un grave problema mondiale, una “piaga”, presente anche in Italia e che investe vari settori lavorativi.
Vi sono molti bambini, nel mondo, che vengono sfruttati in tal senso.
Recentemente, i media ci hanno informato di una delle peggiori forme di sfruttamento dei minori, che avviene in alcuni paesi esteri: si tratta dei cosiddetti bambini-soldato, che vengono strappati alle famiglie e sottoposti a duri e violenti riti di iniziazione. Viene loro insegnato ad uccidere, ad usare fucili e mitra. E’ terrificante tutto questo e fa venire i brividi!
Dove possiamo comprare il libro, negli “store on line?”. Concludo con la mia classica domanda di rito. La domanda GRIDO, quella in cui tutto è concesso. “Lasciate il vostro messaggio”. Mi parli di ciò che desidera.
La ringrazio, a mia volta, per avermi dato l’opportunità, con questa piacevole intervista, di raccontare cose facenti parte di un mondo per me fantastico, anche se privo del benessere che i giovani d’oggi hanno la fortuna di conoscere e… di possedere.
Il libro, al momento, non è reperibile nei posti-vendita; chi ne fosse interessato può provare a chiedere informazioni in merito, via e-mail a:studioassociato12@libero.it – enzocillo@libero.it oppure “Auxiliatrix”: 0824 313791 – 0824 313792.
Un messaggio da lasciare? Ritengo meglio un “sms” e preferisco indirizzarlo ai giovani che, come dicevo innanzi, sono gli artefici del futuro: “Siate semplici, onesti, virtuosi non disdegnando mai di ascoltare, con umiltà, la parola di chi può vantare un maggior peso di anni!” .
Rispondo, infine, all’ultima domanda, con una frase della dott.ssa Maddalena Mercaldo citata nella sua testimonianza del “Falegname”, che ritengo molto significativa e idonea per concludere questa interessante intervista che dedico, con piacere, alla mia nipotina Sofia Esposito, di quasi sei anni e residente con i suoi genitori a Treviso: “Ogni impronta di ieri forma il mosaico del nostro presente, in esso spiccano le impronte dell’Artigiano…”!