Nel complotto per l’uccisione di Re Umberto I c’era un cervinarese?

di Massimo Zullo |
Il 29 luglio del 1900 a Monza fu ucciso Re Umberto. L’assassino proveniva dagli ambienti libertari di Paterson, nel New Jersey, nei quali fu infiltrato Joe Petrosino per scoprire complici e mandanti del regicidio. Il celebre poliziotto scoprì che il complotto era stato ordito da un gruppo di anarchici italiani affiliati alla Mano Nera; Gaetano Bresci era stato, poi, designato mediante estrazione a sorte coi numeri della tombola. Pare che, al momento dell’estrazione, fosse presente qualche anarchico cervinarese, come avevo sentito raccontare dai nostri vecchi: negli anni l’ho attribuito ad una leggenda metropolitana, non avendone mai trovato alcun riscontro. A Cervinara in effetti operò un anarchico, Vincenzo Petrillo, citato nell’archivio biografico del movimento operaio, nato a Cervinara il 30 marzo 1834 da Pellegrino e Cristina Gervasi, muratore e stuccatore.
Lavorò nelle miniere di zolfo di Altavilla Irpina. Trasferitosi a Roma nel 1872, diventò uno dei leader della Sezione Muratori dell’Internazionale, maturando durante la propria attività lavorativa la svolta anarchica, facendosi sostenitore della via cospirativa, della violenza e della lotta armata. Nel 1873 fu arrestato insieme a Osvaldo Gnocchi-Viani ed altri per cospirazione contro la sicurezza dello Stato, in occasione della preparazione del Congresso di Bologna della Fiail. Nel 1876 venne condannato ad un mese di carcere per porto d’arma proibita. Nella primavera successiva fu arrestato nel corso dell’azione di prevenzione del moto del Matese e ammonito come ozioso e vagabondo. Processato in giugno, fu poi prosciolto e liberato. In seguito si trasferì a Napoli e vi diresse l’associazione “Emancipazione sociale” che intendeva unire le forze extraparlamentari. Nel marzo 1891 pubblicò il «I Maggio»: fu perciò punito con tre mesi di carcere per istigazione all’odio fra classi sociali il 16 luglio 1890 e arrestato il 26 aprile 1891 per associazione a delinquere. In libertà provvisoria, guidò la protesta dei disoccupati: il 23 febbraio 1892, mentre parlava ai muratori, fu arrestato e rimpatriato. La sua attività però continuò e, stando a note di confidenti, partecipò a bande armate riunite da Giovanni Bergamasco per occupare la città e metterla a sacco. Il 22 aprile 1892 fu perciò arrestato con altri più noti sovversivi, ma poi fu assolto per mancanza di prove.
Nel 1900 Petrillo doveva essere attivo da molti anni se Pier Carlo Masini ricorda che fu fra gli arrestati a Roma il 15 maggio 1873, “sotto l’imputazione di cospirazione contro la sicurezza interna dello stato”. ma scarcerato poco dopo, nel 1893 è fra i principali promotori del locale “Fascio dei lavoratori”. Dopo lo scatenamento della repressione crispina subì un nuovo arresto il 3 febbraio 1894: si dichiarò nell’occasione internazionalista, “cittadino del mondo” e suscitò l’ira dei giudici chiedendo ironicamente “per quale reato sia stato imputato di associazione a delinquere”. Condannato a sei mesi di prigione e incarcerato il 13 ottobre 1895, scontò la pena, dedicandosi poi alla propaganda tra i lavoratori. Rinviato a giudizio, fu condannato dapprima a sei mesi di carcere, poi ridotti a cinque, più 59 lire di multa, che scontò nel carcere di Caserta dall’ottobre 1895 al marzo 1896.
Dopo i moti del maggio 1898 fu nuovamente arrestato insieme al figlio Coloandro, nato nel 1882, anch’egli anarchico. Segnalato tra gli anarchici pericolosi, tornò in carcere dopo i moti del maggio 1898. Nei primi anni del 1900 diresse la “Lega di resistenza tra gli spazzini”. Nel 1910, ormai vecchio e malato, fu ricoverato dapprima in un ospizio, poi nell’Ospedale dei poveri San Gennaro dove morì il 27 febbraio 1927.
Da queste note biografiche risulta che Vincenzo Petrillo operò sempre in Italia e, quindi, non può essere lui il cervinarese che conobbe negli Stati Uniti Gaetano Bresci, ossia l’anarchico venuto dall’America, secondo la celebre definizione di Benedetto Croce. «Il numero toccato a Bresci era il 67. Per nessuna di queste affermazioni si è riusciti a trovare il minimo fondamento; tuttavia, ancora oggi, la leggenda del sorteggio con la tombola è viva a Paterson» scrisse Arrigo Petacco nella biografia di Bresci.
Recentemente ho consultato la ponderosa opera di Giuseppe Galzerano: “L’8 agosto 1900 (N.d.R. quindi dieci giorni dopo il regicidio) il sindaco di Cervinara (AV) [N.d.R. Pasquale Fortunato Doria] informa il prefetto di Avellino che è venuto a conoscenza che, da lettere pervenute dall’America, si sapeva che sarebbe stato ucciso il re. L’emigrato Pasquale Mazzariello, aveva scritto alla madre a Cervinara per chiederle se era vero ciò che si diceva nella colonia italiana sull’uccisione del re e si parlava della rivoluzione scoppiata in Italia. Il sindaco riferì queste voci al maresciallo dei carabinieri, che sequestrò le lettere di Mazzariello. Difatti in una lettera da New York del 3 marzo 1900 chiedeva se era vera la notizia della fuga del re e dell’avvenuta proclamazione della repubblica, «perché qua non leggiamo altro nei giornali che questo».
Una lettera simile è giunta pure al proprietario Giuseppe Cioffi di Rotondi (AV). Il 7 maggio la nipote Teresa Maietta gli scrive da New York per dirgli: «Io non posso dirvi quante storie si diciano de litalia mi dissero che il nostro Re Umberto senera fuggito e litalia si era involdata ficurativi la mia paura». Altre lettere citate evidenziano che in America già si sapeva dell’attentato dai primi di luglio. (Massimo Zullo)
Arrigo Petacco, L’anarchico che venne dall’America, Mondadori 1970, pag. 65.
Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani, Rizzoli 1969, pag. 81.
Giuseppe Galzerano, Gaetano Bresci, Vita, attentato, processo, carcere e morte dell’anarchico che “giustiziò” Umberto I, Galzerano Editore, 2001 (seconda edizione ampliata, pagg. 1152 con 91 foto), pag. 332-333.
Nelle foto:
- L’anarchico Gaetano Bresci, operaio tessile di Prato e intransigente anarchico (già amnistiato nel ‘95) era emigrato in America nel 1898, pare, anche, per sfuggire alle responsabilità verso una ragazza che aveva messo incinta;
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Il revolver di Bresci è oggi conservato al Museo Criminologico di Roma: è una pistola Harrington & Richardson modello «Massachusetts» a cinque colpi, calibro 38 S&W. Fu comprata dall’anarchico, il 27 febbraio 1900, a Paterson (U.S.A.), cittadina del New Jersey, meta preferita di quei sovversivi italiani costretti a lasciare l’Italia dopo l’emanazione delle «leggi crispine» in materia di ordine pubblico;
- La copertina del libro di Giuseppe Galzerano su Gaetano Bresci.