Cervinara 1773. L’innesto del vaiolo e l’immunità di gregge nel Regno di Napoli.

Il Covid-19 non è l’unico virus e/o batterio che, durante i secoli trascorsi, ha messo in ginocchio il mondo. Ricordiamo il più grave e recente della spagnola che causò milioni di morti, la peste, il tifo, la tubercolosi e il vaiolo, che si diffuse tra il XVII ed il XVIII secolo e fu la maggiore malattia endemica del mondo in quegli anni che, grazie all’intervento di un medico cervinarese, almeno nel Regno di Napoli, non causò molte vittime.
Ad “opporsi” alla diffusione del virus fu, tra gli altri, anche Michele Buonanni che, grazie all’inoculazione del batterio del Vaiolo, a soggetti sani e giovani, aveva ottenuto la moderna “immunità di gregge” di cui si parla tanto in questi mesi.

Il cervinarese Buonanni Michele (1727 – 1797), figlio di Giuseppe già “cerusico” (chirurgo dell’epoca), aveva concluso i suoi studi universitari a Napoli ottenendo il dottorato in Filosofia e Medicina nel 1752. Quel titolo, che comportava la qualifica di “dottore fisico”, lo portò ad intraprendere Ia carriera di medico militare, raggiungendo il grado di chirurgo maggiore della Reale Artiglieria. A Napoli Michele Buonanni aveva incontrato, più volte, il medico toscano Angelo Gatti, già cattedratico a Pisa che era divenuto famoso, a Parigi, come “medico filosofo”.

Era diventato suo assistente, tra l’autunno 1771 e la primavera del 1772, apprendendo da lui tutte le tecniche per inoculare il vaiolo correttamente. Il Gatti era un fervido propugnatore dell’innesto del vaiuolo umano e a Napoli ne operò tantissimi, assistito dal cervinarese.
Buonanni operò, poi, in proprio, a Napoli e a Cervinara “registrando” le sue esperienze in un primo opuscolo pubblicato nel 1773, dal titolo “Rapporto delle osservazioni occorse nell’innesto del vaiuolo”.

La tecnica dell’inoculazione consisteva nel fare “...due incisioni sulla cute per applicarvi sopra un filo imbevuto di materia vaiolosa, oppure le croste del vaiolo polverizzato ed un cerotto che serviva a tener fermo il filo o la polvere…”.
Pubblicò, in seguito, altri due rapporti, datati 1775 e 1778, nei quali aveva riportato tutti gli interventi, praticati da lui o da altri col suo metodo, divisi per territori: Napoli e provincia, Valle Caudina e molti paesi della Puglia.

Di questi opuscoli furono revisori Francesco Serao e Domenico Cotugno, padre dell’anatomia e chirurgia moderna al quale è intitolato l’ospedale di Napoli, oggi, specializzato nella cura delle malattie infettive.
Nel 1777 il Gatti era tornato a Napoli e, con l’assistenza del cervinarese, procedette agli innesti, presso la Corte Borbonica, a Ferdinando IV Re di Napoli e ad uno dei figli.
Alla regina, Maria Carolina, lo inoculerà l’anno successivo Michele Buonanni, riportandone il resoconto nell’opuscolo pubblicato nel 1778. Per questo ed altri interventi, la Corte Reale lo aveva in buona considerazione, tant’è che fu posta una lapide, tutt’ora presente sopra al portone del palazzo di famiglia in via San Marciano, che recita:
Michael Bonannius
medicus chirurgus cohortis ballistariorum
Ferdinandi IV
has aedes sibi et suis faciundas curavit
probavitque an 1777.

Insomma, Buonanni fu “colui che piu fece nel Regno di Napoli” per la diffusione dell’innesto del vaiuolo umano.
Nel 1779 fu nominato socio residente dell’Accademia delle Scienze e delle Lettere di Napoli. Nel settembre 1789 aveva pubblicato un ulteriore opuscolo, dal titolo “De medicinae chirurgiae praestantia et auctoritate” che trattava di un carteggio tra le facoltà mediche di Parigi e di Napoli.

Insomma, un luminare che istituzioni cittadine, provinciali e regionali non hanno mai onorato. Stona che a Michele Buonanni non vengano riconosciuti dei meriti per aver salvato migliaia di vite umane. Né con l’intitolazione di una strada e né con l’installazione di una targa che ne riconoscesse il valore scientifico ed umano.
ANGELO MARCHESE