LA POLVERE DEL PALCOSCENICO di Goffredo Covino.

In premessa devo dire che qualche lacrimuccia è proprio difficile da trattenere e che i ricordi si affastellano, uno dietro l’altro, nell’elemento comune: la polvere del palcoscenico, appunto. Qualche ora fa se n’è andato il mitico Giovanni “Fofò”, uno dei personaggi cervinaresi che meglio ha saputo interpretare la magia di un palco, sia esso materiale che virtuale, riuscendo a strappare sempre un sorriso (cosa del tutto ardua, obiettivamente). La rivisitazione di gesti del mitico De Curtis e la sua personale rimodulazione erano i suoi cavalli di battaglia: tutti ricordiamo l’incredibile capacità di muovere la testa in certo modo, così come ricordiamo l’abilità nel mulinare le braccia imitando le marionette mosse da un filo invisibile ed inesistente.
Il Totò di Cervinara. Giovanni ha saputo sempre indossare la maschera dell’istrione, anche quando la vita lo costringeva ad affrontare prove durissime o quando a tutto pensava fuorchè a far sorridere la gente. Ora sta già allestendo uno spettacolo lassù, lì dove ha ritrovato il suo mentore e il suo faro, lì dove tutti si dicono :”Ma mi faccia il piacere”, lì dove la polvere del palcoscenico si trasforma in polvere di stelle. E’ la stessa polvere che ha respirato un altro cervinarese catapultatosi nel mondo dell’avanspettacolo di qualità e di spessore: il compianto Gegè Bizzarro. Rigorosamente epigono del grande Armando Gill (al secolo Michele Testa Piccolomini, peraltro sposato con la grottolellese Irma Fricchione) e impeccabile nel frac d’ordinanza con bastone nero di corredo, Gegè ha infiammato la platea dei Cereris Ara degli anni’70 grazie alla sua verve cabarettistica, innata ma discreta e senza ricorrere alla squallida incetta di doppi sensi e scurrilità che oggi caratterizza purtroppo il contenuto di tanti, troppi “comici” di oggi. Certo, il parametro con il grande Armando Gill era la sua ragion d’essere artista ed allora le versioni di “Come pioveva” o di “‘O zampugnaro ‘nnammurato” lasciavano spazio alla inventiva e all’improvvisazione del nostro Gegè, sul volto del quale era facile scorgere la gioia di essere lì, a “spassa’ ‘a gente”,nella consapevolezza di essere il primo a “spassarsi”. Quella polvere del palcoscenico non poteva non essere apprezzata da un altro personaggio mica male, il caro Nicola Palladino. Impettito nella giubba militare con fucile di scena esibito ad oltranza, Nicola affrontava imperturbabile il pubblico, forte della sua interpretazione di “Mmaculata” che lo rendeva quasi ieratico e sognante rispetto all’amore per una donna che non si è mai saputo se attendesse o meno il ritorno del soldato. La maschera dell’artista dipinta sui lineamenti del viso, in effetti, altro non era che, come per gli altri due amici, la seconda pelle; in pratica, l’habitat naturale è stato sempre per loro quello spazio scenico che riuscivano a vivacizzare e a rendere pulsante grazie alla semplice presenza. Stardust, dunque, alla cervinarese? Ovviamente sì. A certificarlo l’affetto che, partendo dal salotto buono del Trescine per giungere a tutte le altre zone del paese, ha sempre avvolto Giovanni, Gegè e Nicola; tanti altri “operatori” locali dello spettacolo andrebbero menzionati, ma sono certo che quelli oggetto della mia riflessione siano ampiamente rappresentativi di tutti.
Aggiungo solo che il fatto di averli accompagnati al pianoforte, cercando disperatamente di seguirne le evoluzioni estemporanee, è per me un grande motivo d’orgoglio.
Grandi personaggi. A prescindere…
foto Archivio Pro Loco Cervinara